2° REPORT DELLA DELEGAZIONE IN TURCHIA E IN KURDISTAN 17 novembre – 24 novembre 2012
19 novembre 2012 – incontro con i giornalisti di Ozgur Gunden, Zana Kzyz e Ozgur Gullu
Ozgur Gundem è il giornale filokurdo, scritto in turco.
La capo redattrice è Eren Keskin, già presidente dell’IHD di Istanbul, l’associazione dei diritti umani.
Ozgur Gundem vende in Turchia circa 19 – 20 mila copie.
Negli anni ’90, il giornale è stato chiuso dalle autorità turche ben 52 volte e per 26 volte ha cambiato il proprio nome.
76 sono i giornalisti che hanno pagato con la vita, la propria scelta di raccontare l’oppressione e le violenze dello Stato turco verso il popolo kurdo.
Sono più di 30 i giornalisti che lavorano per la testata kurda.
Adesso 25 di loro sono in carcere, compresa la ex capo redattrice, Yuksel Genc, ma il giornale continua ad uscire regolarmente.
Il 20 dicembre 2011, tutti i giornalisti sono stati arrestati, ma l’indomani il giornale è uscito comunque.
Non ci vuole nulla per finire agli arresti: a volte, basta una semplice conferenza stampa!
In totale, tra gli arresti effettuati nella redazione di Ozgur Gundem, in quelli di Azadya Welat (“Paese libero”, scritto in kurdo) e presso l’agenzia Dicle, si arriva ad un totale di circa 90 giornalisti incarcerati.
Ozgur Gundem si è sempre contraddistinto per le denunce puntuali e precise, come, ad esempio, è avvenuto per il massacro di Roboski: mentre il giornale denunciava tempestivamente il massacro, la stampa turca attendeva venti ore per uscire con la notizia!
Arriviamo a parlare dello sciopero della fame dei detenuti politici.
Ci dicono che, mentre nei primi giorni lo sciopero era quasi del tutto ignorato, nei giorni successivi, c’è stata una forte attenzione dell’opinione pubblica e dei media.
Quasi ogni giorno, la gente scendeva in strada a manifestare; nelle città kurde, la vita si è fermata: negozi ed attività chiuse.
Ad un certo punto, il governo ha avuto paura, paura che con le prime morti sarebbero nate rivolte e scontri nelle città.
Per questo, abbandonati i toni duri e di sfida dei primi giorni, il governo ha accettato di incontrarsi – tramite propri emissari – con Abdullah Ocalan: solo lui era in grado di fermare il massacro che si stava profilando!
Il governo ha preparato una legge per il diritto di difesa in tribunale degli imputati in lingua kurda; ha istituito un corso facoltativo di lingua kurda nelle scuole, che però ha trovato l’opposizione degli stessi kurdi, per la pochezza della proposta.
Con la lotta dei detenuti politici in sciopero della fame, si è aperta una porta, uno spiraglio per un nuovo percorso di pace.
In merito alla vicenda siriana, i giornalisti di Ozgur, rispondendo ad una nostra domanda, ci hanno detto che a Serekani, vicino a Nusaybin, dalla parte siriana, nella zona semiautonoma controllata dai kurdi, la Turchia sta infiltrando mercenari e forze dell’Esercito libero siriano, in funzione antikurda.
C’è il rischio concreto che si accenda un nuovo fronte di guerra, questa volta antikurdo.
I kurdi continuano a ripetere a tutti coloro che li interpellono: noi non stiamo né con Assad, né con le altre opposizionì, ma siamo per un percorso che riconosca un’autonomia democratica in Siria e in tutto il Medio Oriente.
Attualmente, l’opposizione kurda è così suddivisa: il Pyd controlla l’80% dell’area liberata, mentre il restante è in mano al PDK iracheno.
“Noi non abbiamo paura, veniamo da una tradizione di forte resistenza”, ci salutano sorridendo i coraggiosi giornalisti di Ozgur Gundem,
19 novembre 2012 – incontro con l’associazione dei diritti umani di Istanbul, IHD
All’incontro, erano presenti Umit Efe, presidente, e Riza Dalkilig, vice-presidente.
Subito ci parlano della lotta, appena conclusa, dei detenuti in sciopero della fame.
“Nelle carceri turche – ci dicono – per tre volte c’è stato lo sciopero della fame dei detenuti: nel 1980, abbiamo avuto 4 morti; nel 1996, i morti sono stati 12; nel 2000, ci sono stati 122 morti e 500 detenuti hanno riportato danni irreversibili. Quest’ultimo sciopero è durato ben sette anni.
Tutti questi tre scioperi della fame sono stati organizzati dalla sinistra turca e le motivazioni erano da ricercare nelle cattive condizioni carcerarie e nell’opposizione alle celle d’isolamento di tipo F.
Il più grave è stato lo sciopero della fame del duemila, perché allora il governo ha attaccato con bombe al fosforo 21 carceri e, nel corso dell’assalto, sono morti 30 detenuti e 2 poliziotti.
Lo sciopero appena concluso è stato fatto, invece, dai detenuti politici kurdi, era uno sciopero politico e richiedeva risposte rispetto alle tradizionali rivendicazioni kurde. E’ stato il primo sciopero della fame, organizzato con questa estensione nelle carceri, dal movimento kurdo.
Per quale motivo, i detenuti politici kurdi hanno organizzato questo sciopero della fame?
Negli ultimi anni, il movimento kurdo non ha trovato sbocchi alle proprie rivendicazioni. E la situazione è andata via via peggiorando: dal 2009, sono stati tradotti in carcere circa 10 mila kurdi, a differenti ondate, prima i sindaci, poi i deputati, i giornalisti, trentaquattro avvocati del collegio di difesa di Ocalan, amministratori e semplici militanti.
Anche i difensori dei diritti umani sono stati arrestati: ben 22 dirigenti!
Gli arresti avvenivano regolarmente due volte la settimana, al martedì e al venerdì.
Il crimine di queste persone era quello di chiedere la fine della guerra, la pace e la democrazia.
La differenza tra chi stava dentro e chi stava ancora in libertà, era molto labile, essendosi instaurato nel Paese un clima fortemente repressivo.
Anche al leader del Pkk, Abdullah Ocalan, è stato riservato un trattamento speciale: per 18 mesi, dal 27 luglio 2011, è stato sottoposto ad un grave isolamento, non ha più potuto incontrare né parenti, né avvocati.
A questa stretta repressiva contro tutto il popolo kurdo, i carcerati hanno reagito proclamando lo sciopero della fame.
Iniziato il 12 settembre, lo sciopero ha coinvolto circa 700 detenuti, è durato 68 giorni, ed ha avuto l’indubbio merito di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla situazione carceraria in Turchia, creando una grande rete di solidarietà tra chi stava dentro e chi stava fuori le prigioni.
Tre erano le domande che ponevano i detenuti:
- La fine dell’isolamento carcerario per Abdullah Ocalan e la ripresa delle trattative di pace;
- il diritto all’insegnamento nella lingua kurda;
- il diritto di difesa dei detenuti, in tribunale, nella lingua kurda.
Ora sembra che lo Stato abbia preparato una bozza di legge per la difesa nella lingua kurda, ma la riteniamo insufficiente.
Sul diritto all’insegnamento nella lingua kurda, non ci sono novità di rilievo.
Sulla fine dell’isolamento carcerario di Ocalan, questo deve diventare il punto fermo per l’avvio di un percorso di pace.
Il popolo kurdo si è dimostrato molto determinato ed io credo che alla fine avrà la propria libertà, nonostante il clima negativo e xenofobo che regna in Turchia”.
Per finire, il Presidente ci racconta di una discussione sentita su un autobus tra due fidanzati, un ragazzo turco ed una ragazza kurda, che rende bene il clima nazionalista che si respira in Turchia. Il ragazzo si rivolge alla ragazza e le dice: “Se io adesso dicessi che tu sei del Pkk, la gente ti ucciderebbe”. La ragazza sbianca in viso e ammutolisce.
Da oggi, il sito dell’IHD di Istanbul risulta bloccato.
19 novembre 2012 – incontro con la Tayad
Incontriamo i rappresentanti della Tayad nella loro sede, nel quartiere di Sisli, ad Istanbul.
Tayad, l’associazione dei detenuti politici della sinistra turca, è stata la prima associazione nata nel 1986, dopo il colpo di stato militare dell’80.
Ci raccontano degli scioperi della fame organizzati nelle carceri negli anni passati.
Ci parlano delle dure condizioni di isolamento delle carceri di tipo F.
“Ultimamente – ci dicono – le direzioni carcerarie negano ai detenuti che finiscono di scontare la loro pena, la libertà. Utilizzano sempre nuovi pretesti, s’inventano sciocchezze, per prolungare la loro detenzione.
L’obiettivo è quello di aggravare l’isolamento, determinare in loro rassegnazione e prostazione”.
Domandiamo cosa ne pensano dello sciopero della fame organizzato dai detenuti politici kurdi.
“ E’ la prima volta che questo succede – ci dicono – Oggi è cambiato tutto. Loro hanno ragione, le loro richieste sono legittime, anche se i risultati non sono soddisfacenti: possono esercitare il diritto alla difesa in kurdo, solo nel corso dell’ultima udienza; inoltre, qualsiasi cittadino potrebbe impugnare questa legge con la motivazione che un cittadino turco non può difendersi in altra lingua che non sia il turco e, per questa via, potrebbe chiedere l’abolizione della legge perché contraria all’attuale Costituzione turca”.
Infine, ci manifestano il loro pessimismo sulla possibilità della ricerca, in Turchia, di una soluzione democratica, alla questione kurda.
20 novembre – partecipazione al presidio organizzato dalla sinistra turca davanti all’Università di Istanbul
Davanti all’Università di Istanbul, abbiamo incontrato il gruppo di studenti della sinistra turca che aveva organizzato un presidio permanente con digiuno, per rivendicare il diritto all’istruzione gratuita e la liberazione dei compagni arrestati.
Pochi cartelli appesi alle inferriate, la tenda che avevano innalzato, è stata smontata dalla polizia; anzi, ogni volta che la tenda veniva montata, la polizia interveniva caricando e lanciando gas lacrimogeni, un particolare tipo di gas, urticante e appiccicoso sulla pelle, in grado di provocare scottature sul corpo che duravano giorni.
Un totale di 10 cariche in 7 giorni!
Alle 12.00, hanno tenuto una conferenza stampa, hanno fatto un sit-in urlando slogan e cantando canzoni, hanno simbolicamente montato una tenda e innalzato uno striscione, poi, dopo le 14.00, il presidio si è sciolto perché era stato deciso un concentramento davanti al carcere dove stavano rinchiusi i compagni arrestati.
Non mancava, un imponente schieramento di polizia in tenuta antisommossa, che però non è intervenuta.