GC QUANDO FARE CIBO E’ ILLEGALE

     I ‘NUOVI CONTADINI’ SI ORGANIZZANO IN RETE, WORKSHOP DEI
PRODUTTORI INDIPENDENTI

     Roma, 27 mag. – (Adnkronos) – Sembra un paradosso, ma esiste il
cibo genuino illegale, da vendere in una sorta di semiclandestinita’:
e’ l’argomento di”Genuino Clandestino- campagna per la libera
lavorazione dei prodotti contadini”, che si sta svolgendo in questi
giorni in diversi centri della Puglia, oggi a Molfetta ma partita il
23 maggio a Barletta, per passare anche da Bari. Workshop dedicati ai
nuovi contadini, spesso giovani che hanno deciso di abbandonare lavori
nel terziario per tornare a lavorare le terre e scontrarsi cosi’ con
le difficolta’ non solo tradizionali ma di nuovo conio: sementi delle
multinazionali, autorizzazioni delle asl, normative europee che spesso
confliggono con le tradizioni contadine e dunque anche gastronomiche
italiane. Un appuntamento che, nella scorsa edizione a Bologna, ha
radunato oltre 200 nuovi agricoltori da tutta Italia, numero che
l’edizione pugliese promette di superare al momento della chiusura,
con adesioni continue da tutto il Paese.

     “Vogliamo semplicemente che la gente riesca a vivere
dignitosamente del proprio lavoro, e in questo caso dei prodotti della
sua terra -dice Michela Potito, coordinatrice di Campi Aperti,
associazione di contadini e coproduttori per la sovranita’ alimentare
che ha dato il via all’iniziativa-. Oggi siamo circa cento a discutere
di autoproduzione di semi, libero accesso alla terra, come organizzare
un mercato e come affrontare tutti i problemi legati al mondo della
produzione agricola oggi. Coinvolgendo anche chi poi sara’ l’utente
finale dei nostri prodotti, ovvero i nostri clienti”.(segue)

     (Pab/Zn/Adnkronos)
27-MAG-12 14:36

 ‘NORME SOLO PER LE GRANDI AZIENDE PENALIZZANO LE PICCOLE’

     (Adnkronos) – Centinaia di coltivatori, allevatori, pastori e
artigiani si sono uniti, afferma il manifesto dell’iniziativa,
“nell’attacco alle logiche economiche e alle regole di mercato cucite
sull’agroindustria, per difendere la libera lavorazione dei prodotti,
l’ agricoltura  contadina, l’immenso patrimonio di saperi e sapori della
terra. Donne e uomini da ogni parte d’Italia si autorganizzano in
nuove forme di resistenza contadina. Mentre la burocrazia bandisce dal
mercato migliaia di piccoli produttori, il consumatore continua a
subire, spesso inconsapevolmente, modelli di produzione del tutto
inadeguati a garantire genuinita’ ed affidabilita’ dei cibi”.

     Le produzioni di chi ha dato vita a questo nuovo movimento
“campesino” italiano sono illegali secondo gli attuali regolamenti
sanitari nazionali. La legge italiana, spiegano, impone a chiunque si
occupi della trasformazione di prodotti alimentari di dotarsi di
laboratori che rispettino determinati standard di dimensioni e
materiali. “Standard stabiliti tenendo in considerazione solo le
grandi aziende agroalimentari che ignorano e dunque penalizzano le
realta’ contadine legate a piccole produzioni biologiche sane e di
alta qualita’ ma in difficolta’ al momento di affrontare la spesa
della messa a norma di un laboratorio”. Marmellate, passate, conserve,
persino le ottime olive pugliesi o toscane, addirittura il pane di
grano duro cotto nel forno a legna: tutto da buttare, secondo la
rigida visione burocratica italiana. (segue)

     ‘LA RISPOSTA E’ NELL’AUTOCERTIFICAZIONE E NEL CONTROLLO
PARTECIPATI’

     (Adnkronos) – E i new farmer italiani passano dunque al
contrattacco: chiedono “libero accesso alla terra”, criticando
duramente la vendita delle terre pubbliche decisa recentemente dal
governo, si organizzano in vivai autogestiti per la coltivazione delle
piante orticole e soprattutto la creazione a partire da queste di
semenzai che poi possono essere aperti alle esigenze di tutti gli
agricoltori che si riconoscono nell’iniziativa, e soprattutto -e’
l’argomento di questa settimana pugliese- premono per il
riconoscimento dell’autocertificazione partecipata come alternativa
alla certificazione usuale.

     “E’ uno degli argomenti fondamentali -dice ancora Potito-:
produttori, coproduttori e clienti si danno delle regole, e viene
applicato un ‘controllo partecipato’ sul produttore che decide di
aderire alla rete. Chi chiede di accedere a questi mercati -spiega-
viene visitato da altri produttori e coproduttori gia’ inseriti; loro
fanno una chiacchierata con lui, per vedere come tratta i suoi campi e
le sue piante. Noi pensiamo, anzi ne siamo certi, questo sistema di
controllo basato sulla conoscenza diretta e, in fin dei conti, sul
rapporto umano funzioni meglio della certificazione normale. Ma ancora
non e’ accettato ufficialmente. Faremo in modo -conclude- che lo sia
presto”.

     (Pab/Zn/Adnkronos)