1 ottobre 2011 – Genuino Clandestino – Resoconto tavolo di lavoro sui SEMI

Raduno Genuino Clandestino a Bologna – autunno 2011   .

               GRUPPO SEMI

PARTECIPANTI: Fabrizio (Abruzzo, produttore), Massimiliano (Bologna, Campi Aperti), Giampiero Ciro (Napoli, Ragnatela) Ivan (Puglia, Associazione Bene Comune), Paolo (Puglia, produttore), Produttore Semi Rurali (Piemonte), Cesare, Damaso, Elena (Roma, produttori Terra/terra), Federica (Umbria, Mercato Brado), Enzo, Marco, Tonino (Umbria, produttori e artigiani Terra Fuori Mercato), ci scusiamo per i non citati, ma non li ricordiamo !

Il gruppo di discussione ha analizzato l’origine dell’erosione del sistema sementiero antico (case sementiere e lobby delle biotecnologie)

la brevettazione implicita nel meccanismo delle certificazioni dei prodotti tipici,

la possibilità di reperire sementi antiche, ed il limite al loro utilizzo posto dalla nascita di sistemi di controllo come l’E.N.S.E.,

e la fine delle comunità agricole tradizionali dovuta alle nuove forme di conduzione dei fondi agricoli, passati da una gestione di famiglie numerose a strutture di imprese agricole costituite da singoli che, per ottimizzare le richieste che venivano dalle GDO, sono state costrette a passare alle monocolture.

  La situazione del sistema sementiero internazionale

Le lobby sementiere internazionali e i governi hanno creato la possibilità di brevettare le sementi: questo di fatto nega ai contadini l’ opportunità di coltivare liberamente i propri terreni, dovendo usare semi coperti da brevetto. La maggior parte di questi progetti sono destinati al sud del mondo, i nuovi sfruttati della terra che dovranno coltivare il cibo per tutti noi. La diffusione degli OGM ha di fatto limitato l’autonomia degli agricoltori costretti a coltivare cotone, mais, colza, girasole, riso e altre varietà.

Tutto questo ha messo a serio rischio le coltivazioni tradizionali, al punto che i legislatori hanno innalzato le soglie relative alle forme di contaminazione accidentali, anche relativamente alle coltivazioni il biologiche (fino allo 0.9%), e probabilmente questo diventerà un valore in crescita progressiva e non più controllabile.

Dopo che la comunità scientifica internazionale si è espressa contro le lobby biotec per una moratoria internazionale del seme terminator, le stesse passano all’attacco introducendo il seme zombie.

Ovviamente tutto questo ha focalizzato la ricerca scientifica su semi ibridi, semi terminator (sterili), semi zombie (semisterili, ovvero che necessitano di un processo chimico per tornare fertili).

Relativamente alle coltivazioni biologiche si è preso atto che vengono impiegati semi ibridi (anche se a proposito di queste colture ci sono all’interno di GC giudizi differenti), ma il loro uso potrebbe essere ridotto occupandosi e ripristinando il patrimonio collettivo di semi locali.

Molti istituti scientifici e organizzazioni varie studiano e propongono coltivazioni bio di nuovi ibridi, detti a “basso input”, senza consegnare agli agricoltori le conoscenze( si chiedono  se questo è la loro esigenza ?)

 

  La certificazione dei prodotti tipici

Il gruppo di discussione ha sollevato anche delle perplessità anche sulla funzione delle certificazioni dei prodotto tipici IGT, IGP e DOP, che concorrono in un certo senso al principio dei brevetti, nonostante non si debbano pagare delle royalties, determinando feudi che eludono di fatto il principio della proprietà collettiva delle terre: la normativa europea impone che un prodotto IGP debba essere coltivato e trasformato nello stesso posto in cui è stato certificato, perciò IGP e DOP nascondono anche una forma di “brevettazione” implicita: quella che lega un seme ad un territorio, vietandone la diffusione in altri.

  Sementi di varietà antiche

Uno dei problemi che sollevati dalla maggior parte dei partecipanti è quello di reperire sementi o piantine di varietà antiche: una delle proposte è stata quella di creare vivai collettivi.

Mentre per gli ortaggi è possibile portare nei mercati i propri prodotti provenienti da varietà antiche, per i cereali questo non è possibile, in quanto le normative sono più stringenti (il mercato è più ampio, coinvolge maggiori quantità di denaro).

I semi non riconosciuti dall’E.N.S.E. (Ente Nazionale delle Sementi Elette >> http://www.ense.it/attivitaDEllENSE/attivita-index.htm) come i cereali, leguminose, oleaginose, possono essere coltivati solo come reintegro aziendale: c’è un ostacolo di tipo legislativo nell’introdurre varietà di cereali antichi, perchè se una semente non è riconosciuta dall’E.N.S.E. non può essere messa in commercio, quindi non può essere dichiarata dal produttore nel suo piano di produzione.

Chiaramente anche la serra deve rispettare tutte le normative legislative in fatto di produzioni e commercializzazione delle piante prodotte.

  L’agricoltura contadina

Un altro argomento trattato è stato l’importanza sociale dell’agricoltura contadina. Una volta esistevano le comunità formate da famiglie numerose e i paesi montani e collinari erano altamente popolati. Il tutto creava una fondamentale aggregazione sociale.

L’agricoltura moderna, invece, è diventata monoculturale e fortemente meccanizzata, facendo sì che sempre meno persone siano coinvolte nella lavorazione della terra (questo tema è strettamente collegato alle concentrazione delle terre e la possibilità oggi di accederne); questo ha portato allo spopolamento dei nostri territori montani e collinari, determinando un disastro ambientale e sociale: ambientale in quanto, non essendo più lavorato il terreno, viene a mancare l’integrità idrogeologica precedentemente preservata da tutte le opere dei contadini; sociale in quanto viene a mancare il senso di comunità dato dalla presenza di rapporti umani.

La scomparsa delle comunità del territorio ha determinato anche la scomparsa delle varietà e delle relazioni di scambio. Questo sta portando anche alla scomparsa di una cultura contadina che difficilmente potrà essere recuperata.

  Proposta

Da questa analisi nasce la proposta conservare le varietà che abbiamo collettivamente attraverso la realizzazione di vivai collettivi in tutte le realtà territoriali, iniziando con percorsi di formazione, sperando di costruire nuove forme di comunità agricole e sociali.