Economia di relazione, ambiente, beni comuni. Terra/terra come terrafutura

L’economia delle relazioni. Intervista di Carta a Mario Cavani

( l’articolo in question è preso da Carta per leggerlo in originale cliccare sul link http://www.carta.org/2011/05/l%E2%80%99economia-delle-relazioni-intervista-a-mario-cavani/)

Mario Cavani conosce Carta da molti anni e noi conosciamo le sue esperienze con Overseas, una delle prime Ong in Italia, di cui è stato tra i fondatori, e con la cooperativa Oltremare, ma anche con con il consorzio Ctm Mag [oggi Etimos], con Arcoiris e con Banca etica. Da un anno Mario Cavani è stato nominato presidente della Fondazione culturale responsabilità etica, il cuore e la mente di Terra futura. Carta lo ha incontrato per conoscere meglio obiettivi e novità di Terra futura e della Fondazione.

Il tema di Terra futura 2011 è la cura dei beni comuni. Perchè? Cosa vi aspettate da questo nuovo appuntamento?

A Terra futura si sia sempre parlato di beni comuni, se ne parlava quando si parlava di abitare, quando si parlava di ambiente, quando si parlava di legalità… perchè i beni comuni sono al centro di un conflitto sull’idea stessa di sviluppo, non solo i beni materiali: suolo, acqua, aria, risorse naturali ed energetiche non sono illimitate, ma anche quelle che sono alla base dei valori relazionali quali l’equità sociale, il lavoro, la salute, la conoscenza, la religione e la laicità, la democrazia, sono minacciati. Non ci vogliamo rassegnare che tutti questi beni debbano sottostare unicamente alle regole del profitto. Questi beni che sono di tutti, ma di proprietà di nessuno, devono esser fruibili da tutti, compreso le future generazioni, è per questo che occorre pensare a forme nuove di gestione non più solo il pubblico oppure soltanto il privato, occorre sperimentare nuove strade nelle quali accanto al pubblico e al privato ci sia la «comunità» e tutti e tre i soggetti su un piano di parità. Occorre coprogettare una nuova economia, una «economia della relazione» come la chiama l’economista Stefano Zamagni. Per questo Banca etica, con la sua Fondazione, promuove Terra futura, una bella iniziativa culturale, partecipata, ben funzionante, ma occorre che leggi improvvide non vengano a ostacolarla. Per favorire una nuova idea di beni comini, la Fondazione culturale responsabilità etica ha anche aderito alla campagna per l’acqua pubblica e a Firenze se ne parlerà diffusamente in un seminario specifico con Alex Zanotelli e Susan George, amici che su Carta non hanno bisogno di presentazione, e con Luis Babiano Amelibia, amministratore dell’Associazione spagnola degli operatori pubblici di approvigionamento e bonifica.

Tra gli incontri in programma a Firenze, c’è quello da te coordinato, «L’Europa dei cittadini e partecipazione». A proposito di cittadinanza, nel documento di presentazione di Terra futura, c’è una dura presa di posizione contro le discriminazione verso i rom rispediti oltre frontiera dal presidente Sarkozy, per non parlare delle politiche xenofobe di diversi paesi, Italia inclusa.

Abbiamo voluto portare a Terra futura il tema della cittadinanza perchè è tema molto complesso e dalle tante sfaccettature e, a parer mio, ancora poco studiato e approfondito o, almeno approfondito per temi, e spesso sull’onda emotiva: l’arrivo dei barconi [rapporti Nord/Sud], i Rom [«conflitti etnici»], gli aspetti demografici, quelli culturali/religiosi/laici, quelli politici [dell’Europa nel Mediterraneo – dell’Italia nel Mediterraneo]. Tutti problemi enormi, complessi, intrinsecamente legati tra di loro. Vorremmo aprire un dibattito complesso, speriamo di trovare persone attente e che vogliano continuarlo. Banca etica ne sente profondamente il bisogno e la Fondazione pure, entrambe abbiamo dei partner che lavorano, che operano in questo contesto per cui è necessario approfondirlo per poter pensare e costruire gli strumenti giusti per le relazioni che verranno.

Se guardi indietro alle precedenti edizioni di Terra futura, evento ormai noto a un pubblico molto ampio, a cosa pensi?

La nascita di Banca Etica non è stata voluta da un «Comitato di Affari» o da un insieme di amici e conoscenti provenienti dal mondo bancario o industriale, nemmeno da quello finanziario o commerciale, ma da una venina di persone provenienti dal mondo associativo e del commercio equo e solidale. I loro mondi erano quelli delle organizzazioni non governative, dell’associazionismo ambientale e sociale, molti di loro avevano partecipato ai forum sociali da Cancun a Nairobi, il presidente Fabio Salviato aveva partecipato a Comiso al primo raduno antinucleare. Era facilissimo in quei primi anni che assieme alle richieste di finanziamento per le iniziative normali delle cooperative sociali o delle Ong arrivassero all’amministrazione della Banca richieste di coprogettazione di cose che con la finanza avevano assai poco a che fare così che qualcuno degli amministrativi presentando la richiesta diceva «non si capisce se siamo un movimento o una Banca» al che Salviato rispondeva «Siamo un movimento in banca». Ma col passare del tempo e col moltiplicarsi delle iniziative extrabancarie, come la partecipazione alla campagna per le riforma della Banca mondiale, quella contro la modifica della 185 sul commercio delle armi, la partecipazione al Social Watch, si è dimostrato necessario creare questo strumento, Terra futura, che oggi mostra tutta la sua necessità di essere e tute le potenzialità delle relazioni di Banca etica.

Come Fondazione culturale, oltra e promuovere Terra futura, avete scelto la strada dell’azionariato critico, come dimostrano le partecipazioni alle assemblee degli azionisti 2011 di Enel ed Eni. Che valutazione date di questo strumento?

Banca Etica quando diede vita ad Etica Sgr, la società finanziaria che si occupa della gestione di Fondi comuni, ricevette una grandissima quantità di richieste di spiegazioni da parte di molti suoi soci e clienti per l’essere entrata in un ambito particolarmente delicato del mondo finanziario, dove la speculazione è sovrana. Era necessario studiare metodologie all’avanguardia che ci tutelassero da cadute di immagine e ci consentissero di essere soggetti attivi per il miglioramento anche di quel mercato, così aderimmo e, primi in Italia, proponemmo l’Azionariato attivo che in poche parole si traduce nell’interloquire direttamente in assemblea con quelle aziende che si hanno in portafoglio e delle quali abbiamo qualche ombra di dubbio su alcuni comportamenti e vorremmo chieder loro qualcosa di più virtuoso nell’ambiente, nel sociale, nelle relazioni. La Fondazione culturale responsabilità etica non poteva fare di meno. In Italia le operazioni di Azionariato critico erano state assai rare e, principalmente non continuative, così la Fondazione si è resa disponibile a gestire anche per conto di propri partner, pacchetti azionari di taglio minimo per la partecipazione alle assemblee di quelle società che dopo approfondite analisi, risultano le più dannose nei confronti dell’ambiente e dei diritti umani. Così anche quest’anno abbiamo partecipato alle assemblee di Eni ed Enel, le cronache delle quali le potete trovare su twitter, su Zoes ma anche nel sito di Carta. Personalmente le ritengo iniziative paradigmatiche, importanti e, con l’aiuto di partner disponibili a lavorare con noi, da continuare e aumentare.

Obiettivi e iniziative della Fondazione per il futuro?

In questo momento la Fondazione sta lavorando su alcuni progetti molto interessanti sia sul tema ambientale, con i Green Jobs, sia su quello della legalità col progetto Score. Altro tema sul quale stiamo impegnadoci è quello della «responsabilità sociale di impresa» per il quale già da tempo la Fondazione collabora con l’associazione ValoreSociale. Ora pensiamo e sognamo di lavorare con questi strumenti per arrivare alla Borsa Sociale… Anche questa è una grande sfida.